Le cose che non ti dirò di quando sei venuto al mondo
Sono giorni, anzi mesi che mi girano in testa un po’ di pensieri. Non so se tutti si possono collegare tra loro o sono pensieri sparsi che mi vengono in mente ogni volta che devo fare qualcosa in più, ogni volta che mi sento discriminata perché donna/incinta/partoriente/con un figlio. Oggi però ho deciso di scriverteli qui.
Un giorno li leggerai e penserai (o forse no) “la mia mamma, quante paranoie“.
Io spero solo che, un giorno, quando sarai in grado non solo di leggere, ma anche di interpretare queste parole, il mondo sia un posto migliore, in cui la parità dei sessi sia qualcosa di reale, un mondo in cui tu sarai un uomo capace di capire quello che prova la tua compagna e di anticiparne (perché no) i pensieri.
Sì, perché delle donne se n’è sempre parlato tanto, le donne sono complicate, strane, lunatiche, le donne si lamentano per tutto e gli uomini sono approssimativi, leggeroni, disordinati e poco comprensivi. Tutto qui? Forse.
Mentre ti aspettavo, ero circa al quinto mese, mi è capitato un episodio strano, anzi no, proprio brutto. Mi è stato proposto un lavoro (tu lo sai ormai che lavoro faccio, è difficile da spiegare oggi, ma sono certa che quando sarai grande sarà facilissimo da raccontare ai tuoi compagni di classe) e dopo che queste persone avevano saputo che io ero incinta di te, me l’avevano tolto. Ovviamente non così, non mi era stato spiegato il motivo, mi era stato solo detto che il budget, un grosso budget inizialmente, da un giorno all’altro era sparito – puff! Non ti sto ad annoiare con i dettagli, che se vuoi sarò ben felice di raccontarti a voce, ti dico solo che io quel giorno piansi, piansi fortissimo e tantissimo e sperai con tutte le mie forze che tu fossi maschio, per non subire mai, nemmeno una volta, quello che subii io quel giorno.
Da allora, da quando un ginecologo frettoloso mi rivelò in quattro e quattr’otto che avremmo atteso un maschietto, io iniziai a pensare a come educarti per essere un maschio e soprattutto un uomo che vive e sa vivere in questi anni.
I maschi della mia generazione, per non parlare di quelli prima, li hanno educati male.
Sì, proprio male.
Nessuno ha mai preteso da loro che si rifacessero il letto, che imparassero a cucinare che per lo meno sapessero fare la spesa. Ora che ci penso bene da piccola ero io che rifacevo il letto di mio fratello, io che andavo a fare la spesa, io che pulivo casa quando mia mamma non poteva, mio fratello da tutte le faccende domestiche era esonerato.
Non sto rimproverando lui (sì, tuo zio) e nemmeno mia mamma (sì, la nonna) e nemmeno per farla breve tutti gli uomini che ho conosciuto che si aspettano e si sono sempre aspettati da noi donne un certo tipo di comportamento, non è colpa loro, ma io non voglio commettere gli stessi errori che sono stati commessi e nemmeno commettere le stesse leggerezze.
Sto descrivendo una situazione che probabilmente è nota a tantissime donne che, come me, hanno vissuto i fantastici anni ’80 e ’90 probabilmente. Sicuramente tutti quelli prima.
Io, che all’esame delle elementari (tranquillo, oggi non lo fanno più!) portai nella mia tesina le Suffragette (poi te lo spiego meglio cosa sono le Suffragette) come potevo far finta di niente, come potevo non pensare all’uguaglianza che da sempre dovrebbe caratterizzare il rapporto uomo/donna?
Oggi, nel momento in cui ti scrivo, non esiste uguaglianza tra uomo e donna. Certo, se ci mettiamo a guardare le parti del mondo in cui le cose vanno molto, molto peggio qui da noi vanno benissimo al confronto, ma ricorda che non bisogna mai guardare indietro, sempre avanti, per migliorare e migliorarsi.
Oggi qui, non va bene niente.
Una donna deve sempre essere di più per essere all’altezza, una donna deve fare sempre il doppio per essere “in pari” con quello che fanno gli uomini e io vorrei tanto che tu da grande possa vivere un mondo diverso.
Forse una volta, quando i tuoi nonni erano giovani, anzi forse i tuoi bisnonni, era più facile. Si viveva con un solo stipendio ed era “normale” che il nonno andasse a lavorare e la nonna stesse a casa.
Poi ci hanno venduto questa storia della parità dei sessi e ci hanno fregate.
Sì, proprio fregate.
Ci hanno fatto credere che per essere alla pari anche noi potevamo, anzi dovevamo, lavorare come gli uomini, iniziando a contribuire economicamente alle spese di casa.
Sbagliato.
Se per tanti anni le donne hanno potuto lavorare e spesso e volentieri hanno potuto fare un lavoro destinato in principio solo agli uomini (una grande libertà conquistata duramente che non è mai stata un male, semplicemente è stata gestita male), d’altra parte, mai un uomo è stato capace di partorire, di allattare nel modo che oggi chiamiamo naturale (chissà se, quando sarai grande tu, qualche uomo ci riuscirà).
Questo a conti fatti ha messo le donne in una posizione critica: ci viene chiesto di fare il doppio (perché nessuna famiglia ormai vive con un solo stipendio) ma ci viene riconosciuto sempre la metà.
Io non so come andrà il mondo quando sarai grande tu e non so nemmeno se è giusto che io ti dica tutte queste cose. So per certo però che è per questo motivo Giulio, che ti insegnerò l’uguaglianza.
Ora di sicuro ti è più chiaro perché ho sempre preteso che imparassi a rifarti il letto, a cucinare, a prenderti cura delle tue cose, a pulire il bagno e i fornelli, a dare l’aspirapolvere e a stare attento ai bisogni delle persone che ti stanno vicino, soprattutto delle donne.
Perché non sarai un maschio qualsiasi, ne un uomo d’altri tempi, ma un uomo che vive questi anni nel modo più naturale possibile senza guardare indietro, ma sempre avanti.