Sei mesi di vita, il racconto del giorno in cui sei nato
Ho deciso di raccontare la mia esperienza di parto, non perché amo questo genere di racconti, anzi, ma perché da tempo ormai se ne sentono di ogni, non da ultimo il fenomeno degli abusi in sala parto.
La mia esperienza è stata molto bella, ho un ricordo forse poco lucido di quel giorno, ma sicuramente non così brutto come tante neo mamme hanno.
Ricordo alcune cose con estrema precisione, anche dettagli inutili come le facce dei parenti in sala d’attesa che ho visto mentre uscivo dalla sala parto. Parenti non miei, perché non avevo voluto avvisare nessuno il giorno in cui mi hanno ricoverata in ospedale per non ricevere pressioni me per sentirmi in obbligo di comunicare nulla, né infine per ricevere visite anzitempo.
Tutta la notte l’ho passata con il mio compagno, giocando a dama, contando le contrazioni, facendo su è giù per i corridoi e soprattutto respirando di continuo. Accettata in ospedale alle 15, dopo una bella piadina dalla Lella, alle 20 circa ho iniziato a sentire delle contrazioni più forti. Mi dicevo, ok se sono così sono sopportabili. Quello che è venuto dopo è stato abbastanza impegnativo (che è dire poco) e dire che il dolore non mi spaventa eh 😀
Due docce dopo, parecchi km nei corridoi e massaggi alla schiena dopo, ho deciso che era ora di chiedere di essere mandata in sala parto, ero esausta!
Alle 3 sono stata accompagnata in sala parto, il mio compagno è potuto entrare direttamente con me e questo mi ha tranquillizzata non poco. Le ostetriche sono state bravissime, mi hanno dato degli esercizi da fare nell’attesa che “succedesse qualcosa”, nemmeno mi si erano rotte le acque ancora, mi hanno messo della musica, aroma terapia e cromo terapia. Avevo tutto a disposizione e mi sentivo davvero trattata con grande rispetto. Alle 6 di mattina Giulio ha deciso che il momento si stava avvicinando e si sono rotte le membrane, ecco lì sono andata in panico!
Da lì in poi ho ricordi confusi, forti, incredibilmente teneri. Tutte le emozioni che si possono provare io credo di averle provate quella mattina lì. Ricordo l’alba di quel giorno, la parte di strada che vedevo dalla finestra della sala parto (e che ancora vedo quando passo vicino all’ospedale, indicandola sempre a Giulio “ecco vedi, qui è quello che vedeva la mamma quando stavi nascendo”), le mille posizioni che ho voluto (e potuto) assumere per partorire come meglio mi sentivo.
Ho avuto un parto naturale e senza alcun anestetico, mi sono addormentata tra una contrazione e una spinta e l’altra. Giuseppe non se n’è mai andato, è rimasto sempre con me, occhi negli occhi a respirare nel modo che poi mi faceva sentire bene. Alla fine, quando proprio pensavo di non poterne più, alle 10.20 è venuto al mondo Giulio, un torello viola che lì per lì non ha pianto subito, facendoci rimanere tutti con il fiato sospeso e che subito dopo ha emesso un urlo da farci capire che sì, era arrivato a stravolgere le nostre vite. Il babbo di Giulio è scoppiato a piangere anche lui, non lo dimenticherò mai quel pianto di gioia, liberatorio, ma non dimenticherò mai nemmeno il suo sguardo preoccupato mentre mi guardava esausta nel trovare le forze per una nuova spinta.
Il parto è il momento in cui la vita più che mai si avvicina alla morte, il momento in cui tutte le tue certezze da trentenne finiscono. Ti sei laureata, hai parlato in pubblico, sei andata a vivere da sola, hai fatto mille viaggi e affrontato situazioni assurde, eppure a quella cosa lì, così fisica, così potente non sei mai stato preparato, ammesso che ci possa essere una preparazione adeguata.
Sì, i corsi preparto, lo yoga, tutto ho fatto, ma niente ti prepara al parto, all’incontro con la vita e la morte al tempo stesso, come quel momento in cui ti trovi faccia a faccia con la tua vera natura.
Il giorno stesso in cui ho partorito avevo un’adrenalina addosso che nemmeno un salto con il bungee jumping possono regalate. Le ostetriche presenti al mio parto ancora se lo ricordano secondo me che me ne volevo tornare in camera a piedi da sola. Quante cose dicevo, parlavo di continuo, ero agitata e nello stesso tempo euforica a mille. Giulio si è attaccato al seno subito, quando eravamo ancora in sala parto, da subito si è mostrato così attaccato alla vita e così tenace che non ho avuto dubbi, poteva solo essere figlio mio.